BACK TO BEAUTY DOPO UN INTERVENTO AL SENO (parte II)


Anonimo di Scuola Veneziana, Senza Titolo, 1910c

Anonimo di Scuola Veneziana, Senza Titolo, 1910c

Un intervento al seno, specie se mutilante, mette in discussione il proprio modo di vedersi. Ne parliamo, sia pure genericamente, nella convinzione che, anche dopo un intervento, essere se stessi con tutti i pregi e i difetti è il modo migliore per essere veramente belli, senza compromessi.

Nel caso si debba ricorrere ad un intervento sul seno, poter conservare la mammella o poterla ricostruire subito in caso di mastectomia ha un significato ben maggiore di quello estetico, perché contribuisce a dare una visione meno negativa della malattia.

Nondimeno ciò che aiuta la donna non è solamente il miglioramento dell’aspetto estetico ma anche il concetto che bisogna prendersi cura di se stessi. Prendersi cura di se ha un significato taumaturgico molto importante ed è il miglior modo di guarire non solo nel corpo ma anche nello spirito.

Prendersi cura di se significa innanzitutto partire da se stessi, facendosi aiutare ma anche ricominciare da se stessi, accogliendo le conferme affettive ma soprattutto incentivando le proprie scelte.

Se la malattia determina sempre e comunque uno stato di ansia tanto vale trasformare le ansie in ansie positive, in ansie sane rivolte al desiderio di dedicarsi del tempo, di scoprire cose nuove ma anche di riscoprire cose dimenticate e trascurate.

Se dopo un’esperienza di malattia la donna pensa che il proprio corpo l’abbia tradita, essa deve anche riflettere su quanto sia stata capace di vivere il proprio corpo. Noi spesso giudichiamo male il nostro corpo, e per di più con gli occhi degli altri, ma non sempre possiamo dire di avere avuto tempo per viverlo come avremmo voluto o dovuto.

L’investimento non è solamente in valori estetici ma anche in riscoperta dei piaceri in salute (cibi sani, senso di pulizia e di ordine, movimento), di stili di vita migliori (sorrisi, maggiore disponibilità, vestiti colorati), di piaceri più o meno sottili (sensazioni di essere ammirati, interessi positivi degli altri nei nostri confronti…), e di umore (piacersi un po’ di più, desiderio di agire per gli altri e di stare con gli altri, e direi anche un certo disinteresse per i sensi di colpa nei confronti della famiglia e della società

Certo, la vita va vissuta anche in relazione alla propria età. Vi sono età in cui non si dovrebbe guardare indietro, che non dovrebbero essere considerate età di crisi ma età di passaggio di un ciclo vitale. Per quanto riguarda questa visione diciamo esistenziale, hanno molta importanza anche la cultura, gli ideali, la fede…

Ma ritorniamo alla concezione estetica. Personalmente ritengo che vi siano due aspetti da prendere in considerazione: il fascino e la bellezza oggettiva.

Il fascino, quel sottile gioco di nascondi e vedi che oscilla tra la seduzione e la modestia, che spesso è mutevole ma che cattura… In qualche modo può essere imparato sia dall’utilizzo del trucco, che dalla moda, che dal modificare alcuni atteggiamenti.

Sulla bellezza oggettiva, invece, le possibilità di intervento sono minori. Per questo motivo il risultato migliore è quello ottenuto unendo i due fattori. D’altra parte è noto che la bellezza senza la grazia è come un amo senza esca.

Onde evitare sull’argomento, molto soggettivo, delle critiche più che legittime, passo subito alla filosofia della ricostruzione mammaria con dei flash.

1. I risultati della chirurgia plastica in generale, e della chirurgia estetica in particolare, sono molto condizionati dall’importanza delle motivazioni e dalla intensità delle aspettative.

2. La chirurgia ricostruttiva è diversa dalla chirurgia estetica in quanto è una chirurgia di necessità che deve riparare dei danni tessutali.

3. Nella chirurgia ricostruttiva i risultati estetici sono strettamente collegati alle reazioni psicologiche soprattutto per quanto riguarda la concezione della malattia e le motivazioni della ricostruzione. Le valutazioni oggettive non sempre corrispondono al grado di soddisfazione ed infatti la valutazioni finali fatte dal chirurgo e dalla paziente sono per lo più differenti. Generalmente il chirurgo è meno soddisfatto dei risultati di quanto lo sia donna che compensa le carenze oggettive della ricostruzione con il fatto che ha superato paure e blocchi psicologici. Infatti le migliori valutazioni vengono fatte da persone estranee, come, ad esempio i mariti (che in qualche modo tengono conto del carattere della donna) o dalle infermiere (che comunque conoscono i limiti dell’intervento).

4. Si potrebbe pensare che gli occhi di un chirurgo maschio non siano adatti a valutare i risultati alla stessa maniera di come lo farebbe un chirurgo donna. Personalmente è quello che ho sempre pensato, tuttavia le interviste fatte alle donne concludono quasi unanimemente che le donne vogliono che il chirurgo sia maschio, in parte perché si fidano meno di un chirurgo donna (ma questo è un grave errore) in parte proprio perché il maschio rappresenta agli occhi delle donne un elemento complementare, capace di guardare dal di fuori e di valutare meglio. Anche su questo aspetto avrei a che ridire: Se è vero che la sensibilità è soprattutto femminile, e anche vero che la educazione alla sensibilità non ha sesso.

5. Non tutte le donne, nel caso in cui fosse necessario effettuare una mastectomia, vogliono una ricostruzione, qualche volta per paura (ma raramente), qualche altra volta per una visione fatalistica, altre volte -è questo è un fenomeno culturale più recente- perché non ritengono che l’aspetto fisico sia essenziale per lo stare bene o per la vita emozionale, o anche perché non vogliono qualcosa di innaturale nel proprio corpo come le protesi al silicone.

6. Sono importanti anche i tempi in cui si interviene. La ricostruzione viene considerata una mastectomia all’inverso, ossia neutralizza gli effettui distruttivi sin dall’inizio e la riparazione è migliore se effettuata al momento del danno.

7. Il chirurgo riesce ad aiutare la paziente, forse più di altri
– perche agisce sul controllo delle paure, soprattutto se riesce a relazionarsi bene investendo in tempo e comunicazione
– ma anche perché agisce sui pregiudizi della paziente nei confronti dell’intervento, delle protesi, delle possibili complicanze etc…

8. Lo stesso non sempre si può dire dei familiari, persone che ci vogliono bene ma che, in qualche modo, possono ostacolarci con atteggiamenti troppo protettivi
– sia nei confronti dell’intervento inducendo alla rassegnazione o adducendo pretesti come l’età o i rischi di complicanze:
– sia nei confronti delle scelte di vita, imponendo alcune loro scelte magari gratificanti ma che non corrispondono a quelle personali che trovano le loro radici nelle nostre esigenze più recondite.

Per concludere…Il concetto di bellezza estetica è molto variabile ed ognuno ha una sua visione personale. La mia, è quella di Proust quando afferma lascio le donne belle agli uomini senza fantasia, ossia la bellezza bisogna anche immaginarla.

Non bisogna mai puntare all’estrema perfezione anche perché questa è destinata a deluderci o per lo meno frustrarci. Oltretutto una bellezza perfetta finisce coll’essere anche inespressiva.

Non è vero che per essere belli bisogna necessariamente essere conformi alle richieste del mercato della bellezza, anche se è comprensibile che bisogna adattarsi ad un mercato di cui tutti noi facciamo parte.

La chirurgia plastica aiuta nella componente fisica visiva, ma sono il fascino e le capacità espressive che riescono a trasmettere il piacere di essere belli.

L’importante è quindi pensare con la nostra testa ed imparare a discernere cos’è veramente importante e cosa è veramente bello per noi stessi; solo così la nostra vera bellezza uscirà allo scoperto.

Essere se stessi, con tutti i pregi e difetti è il modo migliore per essere veramente belli, senza compromessi.