La poesia di Federico Garcia Lorca fa riferimento al seno femminile solo raramente. Ma una sua pagina in prosa dice quanto un intero poema.
Non so se l’anima mia resisterebbe alla delizia suprema di reclinare il capo sui seni dell’amore nascosto. Chi potrebbe non cantare i seni di una donna? In essi giace, occulto, il mistero ancestrale dell’infinito, e quei pomi sono le pietre impetuose del peccato. Eva sentì sui suoi seni la bocca di Adamo. Giulietta provò con piacere i brividi delle mani di Romeo. Leda ebbe su di essi il becco del cigno Giove. La vergine Cecilia sentì nelle sue ostie di purezza la brezza virile dell’organo… Cleopatra trasalì sotto la viscida carezza dell’aspide… e Margherita morì tra spasimi in essi provocati da bocche tisiche. Essi celano una parte dell’anima femminile. Sono il latte bianco e caldo che scorre nelle gole degli angeli. Nei loro arcani di sentieri azzurri e di macchie di costellazioni giacciono il nostro sangue e il nostro pensiero. Sono strumenti di piacere e di dolore. Causano deliqui e lacrime. Provocano in noi desiderio e timore, passione e adorazione. Così bianchi e immacolati, sono essi a regolare l’età di Dio e sono dolce riposo di madre per chi giunge distrutto da un cuore lontano o da una cavalcata di dolore. Sono la fidanzata e la madre, l’oblio e il ricordo. Chi non canterà e non si inginocchierà dinnanzi ai seni di una donna? (…) Delizia suprema piegarmi su di essi e, al suono di nessun suono, essere tutto ed essere nulla… come il filosofo dell’oscurità.