In precedenza: (1) Quando la mano si fa voce (2) La carezza è risveglio dei sensi.A seguire: (4) Per il bambino la carezza è formazione – (5) Il nostro Io pensante emerge attraverso la pelle – (6) La carezza ci conduce all’idea dell’infinito – (7) La carezza è apertura mentale alle singolarità dell’altro – (8) La carezza è memoria impressa nel tempo – (9) La carezza è naturalezza che scorre fluida – (10) La metafora della carezza costruisce la pace – (11) Senza carezze viene meno la speranza – (12) La carezza lotta contro l’indifferenza.
Le manifestazioni della carezza variano nei diversi contesti ed è soprattutto in alcune situazioni limite che le parole diventano voci confuse e lontane che non riescono a raggiungerci. Il contatto con l’altro suscita il riconoscimento della propria esistenza, la volontà di andare avanti, di aprirsi al mondo, esprime il desiderio di entrare in contatto profondo con chi si ha di fronte, di accarezzare il viso o più semplicemente la mano di un anziano, di un amico, di un bambino. Sono attimi irripetibili dove c’è uno scambio di emozioni forti fra chi accarezza e chi riceve il tocco delicato. Sono situazioni in cui le parole non riescono a esprimere le proprie sensazioni e forse potrebbero suonare come una stonatura e rovinare l’incanto.
Ma se la fisicità rende la comunicazione più fluida e immediata, perché siamo così restii a manifestare con i gesti, le nostre emozioni? L’antropologa Mariella Combi in Il grido e la carezza sostiene che la tradizione occidentale vive di separazioni e contrapposizioni: o la mente o il corpo, o la materia o lo spirito, o la natura o la cultura. “Nel tempo, l’elaborazione analitica e razionale ha avuto la meglio e c’è stato un vero e proprio svilimento della sensorialità. Con il prevalere dell’indagine razionale e parcellizzata, si è attenuata, se non persa, la possibilità di percepirsi in un’unità di fondo.”
Ed infatti, nella società attuale una carezza è accettata e riconosciuta quasi solo come manifestazione privata: come espressione pubblica d’affetto e simpatia è ancora vissuta da molti con una certa diffidenza. La parola diventa così il sostituto di ogni slancio, di ogni espressività, risultando spesso svuotata del significato che intende trasmettere e risuonando in certe situazioni terribilmente fredda.
Per secoli il controllo delle emozioni è stato considerato un indice di maturità e di razionalità, forse in maniera smisurata ma non tale da giustificare un comportamento contrapposto; un sano equilibrio e una volontà di capire il corpo nelle sue relazioni profonde con i sentimenti e nella sua inscindibilità dalla mente sono ben altra cosa che la supremazia della mente e delle parole, oltre che l’ostentazione dell’immagine, che dominano la società attuale.
CARESS IT’S NOT JUST A WORD
(3) Words cannot always reach us
Before: (1) When the hand becomes word – (2) The caress is an awakening of the senses. To follow: (4) For the child a caress is development – (5) Our thinking Ego emerges through the skin – (6) The caress leads us to the concept of the infinite – (7) The caress is a mental aperture towards the uniqueness of the other – (8) The caress is memory imprinted in time – (9) A caress is spontaneity unrestrained – (10) Caress as metaphor builds peace – (11) Hope dies without caresses – (12) The caress fights indifference
The manifestations of the caress vary according to the context, above all in situations where words become confused distant voices that are unable to reach us. We know we exist thanks to contact with the Other. We want to move on, open ourselves to the world. It is the expression of a desire to get closer to the person facing us, to caress the face or simply the hand of an older person, a friend, a child. In these unique moments there is an exchange of feelings between the person caressing and the individual who receives that barely perceptible touch. They are situations in which words fail to express feelings and sensations and might even strike a false note, ruining the spell.
But if touch makes communication more fluid and immediate, why are we so loath to use gestures in expressing our feelings? In Il grido e la carezza. Percorsi nell’immaginario del corpo e della parolathe anthropologist Mariella Combi maintains that the Western tradition is marked by separations and contrapositions: or the mind or the body, or the material or the spirit, or nature or culture. “With the passage of time, the triumph of analytical and rational processing has resulted in a debasement of the sensorial faculty. With the triumph of analytical and rational elaboration, the possibility of achieving a basically unified self concept has been weakened if not eliminated.”
And indeed, in today’s society a caress is accepted and seen almost solely as something private. Public displays of affection still often meet with a certain diffidence. Words thus take the place of natural impulses, of physical signs of intimacy, and may empty them of meaning and even appear heartless.
For centuries control of one’s emotions has been considered a sign of maturity and rationality, perhaps excessively so but not to the point of justifying antithetical behavior. A healthy balance and the desire to understand the body in its profound relations with feelings and the inseparability of mind and body are a far cry from the supremacy of mind and words, as well as the stress on the image, that dominate society today.