E’ difficile accettare l’idea che la malattia possa far parte della vita, soprattutto se essa ci riguarda personalmente. Eppure, per quanto straordinaria, dovremmo fare della malattia una condizione ordinaria o per lo meno accettabile. Una piccola serie di brevi annotazioni letterarie e saggistiche – a cadenza settimanale – preziosa per originalità e importanza degli autori.
Lo psichiatra italiano Eugenio Borgna trova le parole più semplici per sostenere che La malattia è bisogno di ascolto.
Quando ci avviciniamo ad una persona malata, cerchiamo sempre di metterci in un atteggiamento interiore di ascolto: di ascolto delle parole che ci vengono dette ma anche di quelle che non ci vengono dette: immerse in un silenzio che è, a sua volta, portatore di suoi significati. Ascoltiamo senza fare molte domande; rispettando fino in fondo, la riservatezza e la ritrosia delle persone: la loro timidezza. Certo, è ugualmente necessario che ciascuno di noi si abitui, e si educhi, ad analizzare le emozioni, e i timori, che si provano dinanzi ad una persona malata; e, allora, se ci sentiamo feriti dalla inquietudine o dalla paura, dall’angoscia o dalla vertigine del dolore morale, è molto meglio rinunciare a prestare un qualche aiuto ad una persona che desti in noi questi sentimenti: anche se involontari e incolpevoli. Chi si ammala di qualcosa, che conduca in particolare alla ospedalizzazione, riesce a cogliere immediatamente, e con antenne sensibilissime, le nostre ansie e le nostre insicurezze; e queste non possono non essere fonte di malessere. E ci si sente ancora più soli, sempre più soli; e disperatamente lontani da chi sta bene, e non sembra capire cosa significa stare male.
Eugenio Borgna, La solitudine dell’anima, Milano, Feltrinelli, 2011.