E’ difficile accettare l’idea che la malattia possa far parte della vita, soprattutto se essa ci riguarda personalmente. Eppure, per quanto straordinaria, dovremmo fare della malattia una condizione ordinaria o per lo meno accettabile. Una piccola serie di brevi annotazioni letterarie e saggistiche – a cadenza settimanale – preziosa per originalità e importanza degli autori.
Questa è la volta dello psicoanalista junghiano Jean Shinoda Bolen, che in “Il senso della malattia”, afferma che la malattia è un avvenimento profondamente spirituale. Lo fa con una poesia perche ritiene che malattia e poesia parlano un linguaggio incorruttibile, quello della verità. Entrambe nascono dal mistero ed entrambe illuminano la nostra oscurità. L’una e l’altra sono le grida che tacciamo. Entrambe, come diceva Novalis, vengono a curare le ferite inferte dalla ragione. La malattia ha un senso, è anch’essa matrice di vita.
Ogni mattina il mio stelo vorrebbe levarsi nel vento
soffiato ebrietudine di vita,
ma qualcosa lo tiene a terra,
una lunga pesante catena d’angoscia
che non si dissolve.
allora mi alzo dal letto
e cerco un riquadro di vento
e trovo uno scacco di sole
entro il quale poggio i piedi nudi.
di questa grazia segreta
dopo non avrò memoria
perché anche la malattia ha un senso
una dismisura, un passo,
anche la malattia è matrice di vita.
ecco, sto qui in ginocchio
aspettando che un angelo mi sfiori
leggermente con grazia,
e intanto accarezzo i miei piedi pallidi
con le dita vogliose d’amore.
Jean Shinoda Bolen. In: Javer Lombard: POèMI, Marzi (CS), Comet, 2012.