Balie, prodigiose figure che quasi non esistono più. Vederle tutte insieme ci rammenta i versi di Blas de Otero: se le donne non avessero i seni, il mondo sarebbe un latte.
Il fotografo americano, scomparso due anni fa, ci regala ancora una volta una immagine che non richiede molti commenti, ma che abbiamo voluto associare alle righe di Bruno Schulz (Le botteghe color cannella. Torino, Einaudi, 2001, p. 25).
Là giacciono le balie ampie e gonfie di latte, dormono succhiando febbrilmente dai seni della notte, le guance in fiamme per l’estasi, mentre i neonati vagano lungo il loro sonno, a occhi chiusi, si aggirano carezzevolmente come animaletti fiutanti per la mappa azzurrina delle vene sulle bianche colline di quei petti, si arrampicano delicatamente, cercando con i volti ciechi la tiepida fessura, l’accesso a quel sonno profondo, finché le loro labbra sensibili trovano la poppa del sonno, la fida mammella colma di dolce oblio.
Se poi immaginiamo le balie di una volta che vagano per i giardini pubblici per la soddisfazione dei pensionati e dei soldati in libera uscita, non possiamo non citare il racconto di Guy de Maupassant Le domestiche(In: Tutte le novelle e i racconti, Roma, New Compton, 2005, p. 1542)
E sotto gli alberi le balie camminano a due a due, con un piccino in braccio e col passo pesante degli animali da latte, mentre cullano questi uomini di domani sul cuscino di carne delle loro molli e grandi mammelle. Ogni tanto parlano tra loro con l’accento del paese lontano e certe espressioni contadine che fanno pensare a pesanti mucche scure sdraiate sull’erba. (…).
Ogni tanto le balie si siedono, allargano le camicette e versano nella bocca ingorda di un piccolo essere assetato il fiotto bianco di latte che gonfia i loro seni; e i passanti che passeggiano nel viale hanno l’impressione che l’aria rechi un bizzarro odore animalesco, di stalla umana e di latticini fermentati.