EVOLUZIONE DELLE STRATEGIE TERAPEUTICHE


Kit Morris, Radiation collage, 1997

Kit Morris, Radiation collage, 1997

Quando si parla degli aspetti medici di una malattia, si è portati, giustamente, a considerare soprattutto il campo delle conoscenze scientifiche, anche se ciò che costituisce il progresso non è solamente l’avanzamento di tali conoscenze ma anche della metodologia con cui queste vengono utilizzate. Poiché questo è un sito rivolto ai consumers della senologia, ossia a tutti coloro che gravitano attorno al tema dei tumori della mammella, mi soffermerò sulla recente evoluzione dei concetti e sull’impatto che questi hanno avuto sulla organizzazione medica. Volendo affrontare l’argomento in chiave ‘mediatica’, ho scelto di evidenziare quelli che ritengo i dieci aspetti più importanti da considerare, almeno secondo il mio punto di vista.

1. Dalle lesioni palpabili alle lesioni non palpabili. Il maggiore utilizzo degli esami strumentali, soprattutto della mammografia, ha portato alla identificazione di un numero sempre maggiore di lesioni non palpabili. Il valore dell’esame clinico è ancora importante ma diventa sempre più relativo. I medici sono tutti diventati cercatori di immagini. E le donne? Debbono dire addio all’autoesame? La mammografia è comunque un esame morfologico, ossia basato sulle immagini, e quindi è limitato dagli aspetti tecnici. Occorrerà trovare esami funzionali, ossia che possono non vedere direttamente il tumore ma identificare indirettamente la zona dove esso ha determinato delle modificazioni. Questo è ciò che potrebbe fare la risonanza magnetica, che tuttavia, essendo basata sulla vascolarizzazione, poco ci dice di ciò che avviene all’interno dei canali del latte. Quest’ultimo aspetto è ciò su cui potrebbe intervenire la duttoscopia, ossia l’esplorazione visiva dell’interno dei dotti mammari; un esame che per adesso sembra fantascientifico ma che ha cominciato a dare i suoi primi risultati.

2. Dalla diagnosi citologica alla diagnosi istologica. I suddetti esami identificano la presenza di una patologia ma non la sua natura. In questo campo la citologia ha dato un grande contributo alla diagnosi, tuttavia in presenza di lesioni sempre più piccole e/o mal definite (come le microcalcificazioni) essa è insufficiente ed occorre ricorrere alla diagnosi istologica, ossia alla biopsia. Ma poiché con l’aumento degli esami strumentali le lesioni clinicamente occulte sono sempre più numerose, occorre per questo fare sempre più biopsie? In alcuni casi si può ricorrere alla microistologia, ossia a prelievi di limitate dimensioni effettuati con aghi particolari che ‘staccano’ un parte del tessuto in maniera delicata e compatta, tale da consentire una diagnosi altrettanto precisa di quella bioptica. La maggiore qualità del prelievo è quella ottenuta dalla agobiopsia vuoto-assistita, come Mammotome o Vacora; in futuro tale tecnica sarà ancora più diffusa e probabilmente verrà utilizzata anche a scopo terapeutico per la asportazione mini-invasiva di piccole lesioni, sia maligne che benigne per scopo estetico psicologico.

3. Dallo stadio clinico allo stadio biologico. Gli elementi diagnostici ottenibili con i vari esami e poi con l’intervento chirurgico ci danno una idea abbastanza precisa della situazione della malattia, ma solo per quanto riguarda il momento in cui l’abbiamo identificata. Non ci dicono quanto tempo vi ha messo la malattia per arrivare a quel punto, ossia le sue capacità evolutive. Se ancora ci compiacciamo di trovare dei nodi di piccole dimensioni e ci rammarichiamo quando ne troviamo di grosse dimensioni, non possiamo tuttavia ignorare che esistono ‘i nani cattivi’ e ‘i giganti buoni’. Lo stadio clinico TNM contribuisce ancora a mettere ordine ai diversi tipi di pazienti ma è insufficiente ad esprimere l’aggressività della malattia, prova ne sia il fatto che una certa quota di pazienti che dovrebbero andare bene va male ed una certa quantità di pazienti che dovrebbe andar male va bene: questa quota, circa il 20%, è ciò che ci sfugge della biologia della malattia. In realtà, ciò che caratterizza ogni singolo tumore è il suo fenotipo, ossia il suo profilo genetico, e si potrebbe dire che esiste un numero di tumori uguale al numero di pazienti; per quanto possano essere effettuati dei raggruppamenti, i tipi di tumore sono certamente più numerosi di quanto solo possiamo immaginare.

4. Dalla chirurgia conservativa alla chirurgia minima curativa. La quadrantectomia ha rappresentato in molti casi una giusta via di mezzo tra una chirurgia inutilmente mutilante ed una chirurgia pericolosamente conservativa. Ma comunque è anch’essa in una posizione ambigua: in alcuni casi essa risulta eccessiva mentre in altri sappiamo, mediante sofisticati esami strumentali, che vi potrebbe essere un rischio di focolai occulti per i quali potrebbe essere indicato un intervento più esteso. Per questo motivo bisognerebbe che in tutti i casi in cui è possibile effettuare un intervento conservativo, debba essere prima effettuata una Risonanza Magnetica: al momento attuale, tuttavia, i limiti e i costi di tale esame sono tali da sconsigliarne l’uso indiscriminato. La chirurgia, pur rappresentando il trattamento di scelta, deve essere inserita in una strategia terapeutica ed infatti in alcuni casi ha perso il ruolo di primo trattamento, e anche questa è una novità rispetto al passato: sono più numerosi i casi in cui viene effettuato un trattamento pre-chirurgico, più frequentemente chemioterapico mentre solo raramente ormonale.
Nell’ambito di una chirurgia minima curativa, è previsto un maggiore sviluppo della chirurgia radioguidata:
– sul tumore primitivo di piccole dimensioni e non palpabile, la localizzazione radioguidata delle lesioni occulte (Radioguided Occult Lesion Localization, o R.O.L.L.) consente una asportazione completa, ben centrata e con margini di resezione uniformemente ampi;
– a livello dei linfonodi si utilizzerà sempre più il linfonodo sentinella non solo per evitare la dissezione ascellare, ma anche per avere informazioni più ‘mirate’anche nei casi meno gravi (tumori non invasivi) o in quelli in cui i linfonodi vengono ugualmente rimossi per approfondire lo studio sul linfonodo a maggior rischio.
Il concetto di chirurgia minima curativa è legato al fatto che in certe situazioni potrebbe essere effettuata una asportazione più limitata, persino con mezzi non chirurgici, come la radiofrequenza o la laserterapia, tecniche che sicuramente avranno in questo campo un certo sviluppo, come lo hanno già in quello di altri tumori.
Si comincia a parlare sempre più di chirurgia ‘ottimale’ o anche di chirurgia ‘gentile’ quando si fa riferimento ai trattamenti personalizzati riservati ad alcune donne, come quelle anziane, che per un trattamento ‘soft’ non correrebbero comunque dei rischi.

5. Dalla radioterapia esterna alla radioterapia con radiofarmaci. La novità della radioterapia intraoperatoria colpisce per i suoi risvolti pratici, tuttavia la sua concezione è ancora legata ad un mezzo ‘fisico’ di affrontare la malattia. Il suo destino non è tuttavia legato alle macchine che ‘bombardano’ dall’esterno, ma alle sostanze radioattive che possono essere introdotte, in maniera innocua, dall’interno, come si fa, ad esempio, per i tumori della tiroide.

6. Dagli schemi terapeutici alla terapia ‘ritagliata su misura’. Nel campo delle terapie mediche vi è ancora molto empirismo, ma si tratta di un empirismo consapevole e vi è certamente un giusto orientamento degli oncologi ad effettuare terapie ‘ritagliate’ a misura della paziente. I risultati sono contrastanti sia per la grande varietà di situazioni cliniche che per il tempo necessario a raccogliere i risultati, trattandosi di una malattia lenta che talora sembra dominata ma potrebbe essere solo ritardata. Ma soprattutto vi è una certa colpa delle istituzioni a non favorire la ricerca clinica, una ricerca che si basa sul convincimento che ogni chirurgo dovrebbe avere, della necessità di indirizzare le donne operate a centri organizzati a raccogliere dati sulla loro malattia, a loro vantaggio ma anche a quello delle donne successive.

7. Dal Senologo alla Breast Unit. Il senologo come figura professionale isolata non ha più motivo di esistere. La senologia può essere praticata solamente in èquipe perché richiede indispensabili prerogative di collaborazione tra i diversi specialisti, condizione indispensabile perché alla donna venga offerta la migliore opzione possibile. Di fatto, un aspetto positivo dello Screening Mammografico, importante quasi quanto quello del vantaggio sulla ridotta mortalità, è il fatto che creato la formazione di Gruppi di discussione e collaborazione. Il Parlamento Europeo ha ufficialmente ribadito la necessità che le donne vengano curate nelle Breast Unit che tali unità funzionali comprendano un numero minimo di casi per anno, che vi sia disponibilità dei diversi specialisti, che siano certificati l’aggiornamento continuo e la ricerca clinica. Secondo la mia personale opinione, la qualità delle Breast Unit dovrebbe essere certificata dalle dirette interessate, ossia le donne.

8. Dal paternalismo al consenso informato. Ovviamente l’atteggiamento del medico nei confronti del paziente è un aspetto che interessa la pratica medica in generale. In campo oncologico si pone in maniera particolare quando alcune terapie presentano minimi vantaggi e alcuni ipotetici svantaggi. In tal caso deve essere l’interessato, opportunamente informato, a decidere se accettare o meno un trattamento che potrebbe modificare la qualità della vita a fronte di un ipotetico vantaggio sulla durata.
L’informazione e il consenso rendono il paziente consapevole, favoriscono l’interesse per la propria condizione, riducono il carico della malattia, lo aiutano a rispettare le sue scelte individuali. Nondimeno il medico sensibile non sottovaluta il fatto che alcune persone preferiscono non decidere e che inoltre i dati statistici e l’esito incerto delle cure possono creare uno stato di ansietà.

9. Dal ricovero alla Day Surgery. La riduzione delle degenze, lo sviluppo della Day Surgery, l’assistenza domiciliare, sia pure dettati da necessità economiche, rappresentano aspetti favorevoli da promuovere sempre di più perché aiutano a sdrammatizzare la malattia, a non farla vivere più come un’esperienza strettamente personale da vivere isolati dalla propria famiglia e dal proprio lavoro.

10. Il nursing senologico. L’ultimo aspetto che, secondo una mia personale interpretazione, deve essere considerato una evoluzione dell’assistenza alle donne è la nascita di una nuova figura di operatore sanitario che dovrebbe fare da collegamento tra la donna ed il radiologo (al momento della diagnosi, che spesso è inaspettata), il chirurgo (che ha poco tempo per comunicare) e l’oncologo (che non ha certezze da comunicare). Si tratta della nurse senologica, un donna tra le donne per spiegare, raccogliere confidenze e paure, avere le parole giuste per aiutare, dare informazioni che l’aiutano a districarsi in una giungla di aspetti organizzativi di cui il medico talora si compiace ma che per la donna possono risultare elementi di confusione e disorientamento.
Ciò che sta dietro a questa necessità riguarda la comunicazione e il linguaggio, argomenti che vanno affrontati in maniera scientifica. In maniera pratica penso a figure professionali concrete, istituzionali e al tempo stesso amiche.