Il SENO OLTRE I LUOGHI COMUNI


Franco Fontana, Profili, 1984

Franco Fontana, Profili, 1984

L’importanza sociale data al seno femminile è un fenomeno indiscutibilmente sopravvalutato. L’interesse che esso suscita sembrerebbe più dovuto ai suoi numerosi collegamenti trasversali con i comportamenti collettivi (religione, costume, moda…) che non ai suoi meriti reali. Rinunciando ad una analisi più dettagliata che non ci compete e che sarebbe comunque complessa, vorremmo piuttosto fare alcune annotazioni sulla necessità di dare al fenomeno il suo giusto peso e di stabilire le giuste distanze “oltre i luoghi comuni”.

In primo luogo ci sembra corretto tenere distinto il valore del seno dal punto di vista individuale da quello del contesto sociale.

A livello personale il seno femminile ha una importanza che non è tanto riconducibile all’estetica (condizionata comunque dagli aspetti sociali) e alla sessualità (che ha una valenza per lo più psichica) quanto piuttosto all’allattamento e – soprattutto di recente – alla salute. A questi ultimi aspetti – incoraggiare l’allattamento e difendere la salute – bisognerebbe certamente dare più peso.

Nel contesto sociale invece l’importanza attribuita al seno è, oltre che eccessiva, anche rumorosa e scomposta e ad essa bisognerebbe togliere peso. Inoltre, negli atteggiamenti e nel linguaggio le discussioni sul seno hanno molto in comune con i giudizi superficiali e sconsiderati che si fanno sulle donne quasi a voler sostenere una qualche identificazione delle donne con il loro corpo in generale e con il loro seno in particolare.

Per quanto sia possibile teorizzare un immaginario del seno più ‘spersonalizzato’ e autonomo (nell’immaginario tutto è concesso), si tratta di una operazione culturale non priva di rischi in tempi in cui ormai televisione e chirurgia estetica contribuiscono oltremisura ad una spersonalizzazione del corpo femminile mediante immagini stereotipate quanto svilenti.

Una giusta leggerezza capace di stabilire il peso.

Parliamo della leggerezza come valore disincantato di dominio delle cose. Non la leggerezza della piuma che vagheggia nell’etere, ma quella determinata del gabbiano che volteggia autonomo nel cielo sorvolando le onde che si infrangono sugli scogli.

A livello individuale si parla spesso del seno come elemento di fascino e di incanto, termini che esprimono l’inesprimibile. Nondimeno ciò che è ineffabile si ritrova nelle parole semplici, come ad esempio in quelle di Giovanni Raboni: “se ti metti supina / diventa, calmandosi, solo dolcezza / il peso del tuo seno. Di colpo non c’è / bisogno di nasconderlo, non si può più giocare perché è / tenero e spento / e innocente e basta”1.

Anche sull’allattamento le parole – poche ma che dicono molto – non mancano, ma vogliamo soprattutto soffermarci sulle “temporanee interruzioni della salute”, come preferiamo definire le malattie. In questo campo le parole giuste ‘curano’ anche a dosi omeopatiche, come nei versi di Maria Cristina Aggio: “Osserverai le mie ferite? / o farai finta di nulla… / Le sfiorerai con le dita? / percorrerai le crepe dell’anima? / o chiuderai gli occhi / aggrappandoti al sogno… / (…) Nell’ombra mi sfiora / la tua mano. E sorrido: / sotto la pelle, / batte allo stesso modo / il cuore”2.

Nel contesto sociale invece il seno è un innegabile oggetto di consumo soggetto alle regole del mercato nei confronti del quale il ruolo del consumatore è per lo più passivo. Non è l’individuo che può sottrarre peso alle imposizioni commerciali, ma semmai una cultura più consapevole.

Una giusta ironia capace di mantenere le distanze.

Anche una misurata ironia ha un suo valore correttivo sul ‘passo’ idoneo a mantenere le giuste distanze. Tra gli esempi della letteratura i versi di Gillo Dorfles, critico d’arte e professore di estetica, oltre che occasionale poeta. Quasi a sostenere che lo stupore è uno dei sentimenti più peculiari dell’estetica, Dorfles provoca il nostro immaginario con mammelle-aerostati che vagano nell’etere al di sopra di uno “stuolo mugghiante e stupito di maschi in amore” (“Dal reggipetto teso di raso, aerostati / vaganti in un etere denso di carne, / si sono librate nell’aria / le candide mammelle. / Navigano verso un empireo / di sole le due navicelle, spalancate all’azzurro, /mentre i capezzoli occhieggiano / in basso ammirare lo stuolo /mugghiante e stupito / di maschi in amore / che volge lo sguardo implorante / al cielo proibito”)3.

L’ironia è comunque un’arma a doppio taglio capace di sconfinare nella banalità inconsapevole, quella che “ci fa sembrare bella qualcosa solo perché piace agli altri”. Il taglio della nostra ironia non dovrebbe seguire questa direzione ma invece agire nel verso contrario, liberando le nostre consuetudini dalle banalità, magari proprio banalizzandole fino all’estremo.

Un giusto atteggiamento capace di sorvolare sui futili dilemmi.

Nel suo racconto Palomar Italo Calvino descrive le divagazioni mentali del personaggio che, passeggiando sulla spiaggia, scorge una bagnante che prende il sole a seno nudo. Quando egli le passa accanto pone lo sguardo ovunque ma non su quei seni “istituendo una specie di reggipetto mentale”.

“Perciò egli, appena vede profilarsi da lontano la nuvola bronzeorosea d’un torso nudo femminile, s’affretta ad atteggiare il capo in modo che la traiettoria dello sguardo resti sospesa nel vuoto e garantisca del suo civile rispetto per la frontiera invisibile che circonda le persone.

Però, – pensa andando avanti e, non appena l’orizzonte è sgombro, riprendendo il libero movimento del bulbo oculare – io, così facendo, ostento un rifiuto a vedere, cioè anch’io finisco per rafforzare la convenzione che ritiene illecita la vista del seno, ossia istituisco una specie di reggipetto mentale sospeso tra i miei occhi e quel petto che, dal barbaglio che me ne è giunto sui confini del mio campo visivo, m’è parso fresco e piacevole alla vista. Insomma, il mio non guardare presuppone che io sto pensando a quella nudità, me ne preoccupo, e questo è in fondo ancora un atteggiamento indiscreto e retrivo”4.

Come si vede, e come è ancora più chiaro leggendo il resto del racconto, le difficoltà che accompagnano la ricerca dei giusti atteggiamenti possibili in particolari circostanze di nudità sono innumerevoli. Per esempio ostentare di non guardare potrebbe essere egualmente un atteggiamento ‘indiscreto’ perché quello che non si sta guardando lo si sta pensando, e persino ‘retrivo’ perché afferma comunque il tabù della vista del seno nudo.

Il “reggipetto mentale” potrebbe essere la chiosa di quel “lifting delle idee” di cui parla Umberto Galimberti: “e allora il lifting facciamolo (…) alle nostre idee e scopriremo che tante idee che in noi sono maturate guardando ogni giorno in televisione lo spettacolo della bellezza, della giovinezza, della sessualità e della perfezione corporea, in realtà servono per nascondere a noi stessi e agli altri la qualità della personalità, a cui magari per tutta la vita non abbiamo prestato la minima attenzione, perché sin da quando siamo nati ci hanno insegnato che apparire è più importante che essere”5.

Poiché la leggerezza che semplifica i problemi e la misurata ironia che li ridimensiona non possono trascendere dalla riflessione, questa ci riserverà comunque delle incertezze. Ma ciò fa parte della perpetua instabilità dei risultati della ricerca intellettuale.

In ogni caso non possiamo permettere che la bellezza impersonale di quello che è solo un accessorio femminile mistifichi la personalità della donna fino ad annullarla in alcuni casi. Se il seno ci provoca in maniera smisurata, noi abbiamo le armi per reagire a questa provocazione. Male che vada ci riserveremo di indossare “un reggipetto mentale”.

 

THE BREAST ASIDE FROM PLATITUDES
from Alfonso Pluchinotta That Unstable Object of Desire – Images of the Female Breast by Masters of Photography

The social importance attributed to the female breast is unquestionably overrated. The interest the breast arouses would seem due more to its numerous transversal links with collective behaviour (religion, customs, fashion…) than its real merits. While a more detailed analysis is not something in our field of competence, we would like to say a few words regarding the need to give this phenomenon its just due and get a picture of the breast “aside from platitudes.”

The first thing to do is to separate the value of the breast as seen by the individual from that of the social context.

The importance of the breast on a personal level lies in its function of breastfeeding and – above all recently – with its health rather than its aesthetic nature (conditioned in any case by social aspects) and sexuality (on the whole a psychic valence). Without doubt more attention must be paid to the former – encouraging breastfeeding and defending health.

There is definitely a need to minimize the unseemly hullabaloo made over the importance of the breast in the social context. Furthermore in their attitudes and language, discussions pertaining to the breast have a lot in common with the superficial and inconsiderate opinions expressed apropos of women, almost as if they were an attempt to encourage the identification of women with their bodies in general and with their breasts in particular.

Although a more ‘depersonalized’ and autonomous imaginary or repertoire of forms regarding the breast can be theorized (in the imaginary everything is allowed), it is a cultural operation not without its risks in times in which television and aesthetic surgery contribute beyond measure to a depersonalization of the female body through stereotyped and demeaning images.

The right lightness in establishing its due weight

Lightness in this sense is a disenchanted value of being in control of things. Not the lightness of a feather wafting idly in the ether, but that of the seagull as he wheels unhesitatingly in the sky, high over the waves breaking on the rocks.

On an individual level the breast is often mentioned as an element of charm and delight, words that express the inexpressible. Nevertheless what is ineffable can be found in simple words, such as those of Giovanni Raboni: “if you lie down / the weight of your breasts / subsiding, becomes only sweetness / Suddenly there’s no need / to hide them, one can no longer play for they are / tender and insignificant / and innocent and simply that.”1

While the few words one finds regarding breastfeeding do say a great deal, what we wish to do above all is to expand on the “temporary interruptions of health,” as we prefer defining diseases. In this field the right words ‘heal’, also in homeopathic doses, as in Maria Cristina Aggio’s verses: “Will you observe my wounds? / or will you ignore them… / Will you touch them lightly with your fingers? / moving over the cracks in my soul? / or will you close your eyes / holding on to the dream … / (…) In the dark your hand / lightly touches me. And I smile: / under my skin, / my heart / beats the way it always did.”2

In the social context the breast is undeniably an object of consumption subject to the rules of the market where the role of the consumer is generally passive. It is not the individual who can make commercial impositions less important or weighty, but if anything a more attentive culture.

The right kind of irony to maintain the distances.

A measured type of irony can also be remedial in defining the best ‘move’ to make in maintaining the right distances. A good example in literature is to be found in the verse of Gillo Dorfles, art critic and professor of aesthetics as well as occasional poet. Almost as if he were claiming that amazement is one of the most characteristic sentiments of aesthetics, Dorfles provokes our imaginary with aerostatic breasts that roam around in the ether above a “moaning and amazed multitude of rutting male” (“Dal reggipetto teso di raso, aerostati / vaganti in un etere denso di carne, / si sono librate nell’aria / le candide mammelle. / Navigano verso un empireo / di sole le due navicelle, spalancate all’azzurro, /mentre i capezzoli occhieggiano / in basso ammirare lo stuolo /mugghiante e stupito / di maschi in amore / che volge lo sguardo implorante / al cielo proibito”)3

Irony is in any case a double-edged weapon that can overstep the boundaries into an unwitting banality that “makes us think something is beautiful only because others think so.” Our irony is not meant to go in this direction but should instead go the other way, freeing our customs from banality, to the point of trivializing them as far as possible.

The right attitude capable of disregarding futile dilemmas.

In his story Mr. Palomar, Italo Calvino describes the mental digressions of his protagonist upon seeing a woman sunbathing with her breast uncovered as he is walking along the beach. When he passes her, he looks everywhere but not on those breasts “creating a sort of mental bra.”

As soon as he becomes aware of this nude female bosom, Mr. Palomar turns his head aside so that his eyes gaze out at nothing, thus guaranteeing his civil respect for the invisible boundary surrounding persons. However, as he continues his walk and can once more look wherever he pleases, he begins to wonder if refusing to see didn’t mean that he was strengthening the convention that considers the view of the breast illicit, in other words creating a sort of mental bra between his eyes and that breast. In other words, didn’t the fact of not looking presuppose that he was thinking of that bare breast, and that this too was basically an indiscreet attitude?4

This is a clear example, even more explicit in the rest of the story, of the countless difficulties that accompany the search for the right attitude to take in particular circumstances of nudity. For example, feigning that one is not looking, might be just as ‘indiscreet’, for we are thinking about what we are not looking at, and even ‘retrograde’ for it is in any case an affirmation of the taboo with regards to looking at a nude breast.

The “mental bra” could be the gloss of that “lifting of ideas” mentioned by Umberto Galimberti: “let’s then undertake a ‘facelift’ (…) of our ideas and we’ll discover that many of the ideas we have accumulated watching the spectacle of beauty, of youth, of sexuality and the perfection of the body every day on television, actually serve to hide the quality of the personality to which we have never paid the slightest attention, for since we were born we have been taught that appearing is more important than being”5.

Since the lightness that simplifies the problems and the moderate irony that downsizes them cannot transcend from reflection, uncertainties remain. But that is part of the perpetual instability of the results of intellectual research.

In any case we cannot allow the impersonal beauty of what is only a female accessory distort the personality of the woman to the point in some cases of cancelling it out. If the breast provokes us inordinately we have the weapons to react to this provocation. At the worst we reserve the right to wear “a mental bra”

1 Raboni G., Cadenza d’inganno, Milano,Mondadori, 1975.
2 Aggio M.C., Sotto la pelle. in www.europadonnaitalia.eu.
3 Dorfles G., [Dal reggipetto teso di raso, aerostati] in Almansi G. e Barbolini R., La passion dominante, Parma, Guanda, 1988.
4 Calvino I. Il seno nudo in Palomar, Milano, Mondadori, 1994. (English translation, The naked bosom in Mr. Palomar, Harcourt Brace & Company, 1985).
5 Galimberti U., Quel corpo giovane che vogliamo eterno in La Repubblica, 17 gennaio 2004.