INTRODUZIONE ALLA SENOLOGIA – Parte II


Marc Chagall, La Tour Eiffel vert, 1957.

Marc Chagall, La Tour Eiffel vert, 1957.

Dopo gli aspetti umani trattati nella Parte I, poche parole sulla pratica senologica.
Sulla diagnosi strumentale non vale tanto la pena di parlare del valore degli esami strumentali quanto piuttosto del fatto che ci deve essere una progettualità: un minor costo dei percorsi, che non è solo un costo economico ma anche relazionale. Non si dovrebbe fare più una citologia o una biopsia come pure una risonanza se sappiamo che non ci diranno nulla. Questo perché potrebbero avere inevitabilmente una ripercussione sul costo psicologico. Se poi ci sono situazioni non chiare è sufficiente assicurarsi che la persona non corra comunque dei rischi senza ricorrere agli accanimenti.
La diagnosi deve essere tempestiva cioè deve essere fatta “in tempi utili per la cura”. Uno-due mesi di osservazione non debbono far concludere che non è una diagnosi precoce. E se anche non fosse precoce è comunque tempestiva, ossia in tempi utili. Questa è la cosa che i medici debbono garantire.
Se necessaria una diagnosi invasiva bisogna puntare alla sicurezza dell’istologia che si ottiene con una agobiopsia o con una biopsia chirurgica. Naturalmente è preferibile l’agobiopsia che è una manovra altrettanto valida e meno invasiva rispetto alla biopsia chirurgica. Questo senza nulla togliere alla citologia che ha un suo valore specifico, ma la citologia serve più per confermare qualcosa che si sa già, e questo avviene nella maggior parte dei casi, mentre nei casi incerti è insufficiente a togliere i dubbi anzi ne può creare altri.
Per quanto riguarda la chirurgia, le neoplasie della mammella vengono scoperte in tempi iniziali e quindi sono problemi soprattutto locali per i quali la chirurgia ha un valore, fino ad adesso, insostituibile. Certo è difficile dire che tipo di chirurgia attuare, ma ricordiamoci che non è riducendo la chirurgia che si risolvono i problemi. E’ vero, bisogna fare il minor danno possibile ma anche “tutto il danno necessario”.
I rimodellamenti di chirurgia plastica dopo la chirurgia bisogna sempre farli, bisogna sempre puntare al massimo del risultato. Non basta occuparsi solo della malattia, ci vuole quello e anche un po’ di estetica. Questi rimodellamenti portano naturalmente a delle asimmetrie, bisogna metterle in conto, non si può pensare che non ci debbano essere e comunque le piccole differenze non debbono essere considerate significative. L’importante è che le piccole asimmetrie non siano delle deformità. Sono le deformità ad essere un errore mentre le asimmetrie sono invece una necessità quasi sempre inevitabile.
Sulla chirurgia oncoplastica, alcuni pensano che più tessuto si toglie meno si ha il rischio delle recidive, però non sempre è così. Ci sono delle situazioni particolari in cui si è indecisi su un intervento o sull’altro, situazioni in cui il chirurgo plastico dovrà tener conto anche dei desideri della paziente.
Due parole sulla comunicazione. Essa gioca molto sui tempi nei quali interviene. Sappiamo che le relazioni psicologiche avvengono a catena, infatti si dice “si scatenano”. E’ quindi meglio intervenire il prima possibile per ridurre il danno prima che i meccanismi di paura e di angoscia precipitino. La comunicazione non è facile. Non vi sono risposte valide per tutte le donne. E poi bisogna trovare nella comunicazione il giusto equilibrio tra ciò che si deve dire e ciò che “quella” donna è in grado di comprendere.
Nella comunicazione bisogna inoltre considerare alcuni argomenti “caldi”, anzi scottanti, che non sempre è facile affrontare: quello della sessualità, quello della gravidanza, quello del futuro… Con questi argomenti bisogna stare attenti, da una parte devono essere considerati ma dall’altra bisogna anche “aprire solo le porte che si è in grado di chiudere” ossia lasciare ad altri specialisti il compito di affrontare certe situazioni.
Un’ultima parola sulla “Breast Unit” che non è un’esaltazione demagogica della collaborazione. Non si tratta solo di collaborazione: realmente la donna ha molti più vantaggi dalla Breast Unit perché ha molte più opzioni. La Breast Unit ci deve essere perché nessun medico da solo può garantire il miglior programma terapeutico. La vecchia concezione di rapporto individuale tra medico e paziente rimane ma in una forma diversa: diventa un rapporto “allargato” e più collaborativo.
E poi la Breast Unit è utile anche per il medico che si mantiene sempre giovane perché ha a che fare con idee nuove, ha qualcosa che rivitalizza anche le persone come me che di questo lavoro credono di avere una lunga esperienza ma da cui c’è invece sempre da imparare.
Concludo con una frase un po’ provocatoria: “vi sono troppi giudizi cimici e pochi cimici giudiziosi”. Nei nostri giudizi facciamo troppo riferimento alla clinica, al volume del nodulo, allo stato dei linfonodi ma se in realtà facessimo più riferimento alla biologia i nostri giudizi sarebbero meno diversi. Dobbiamo mettere più biologia nei nostri discorsi e nelle nostre considerazioni. Pochi clinici giudiziosi: non è che ci sono in giro medici che lavorano male ma tutti dovrebbero sapere che in campo oncologico è davvero difficile dare giudizi perché a volte quelle che a noi sembrano delle verità sono solo delle “mezze verità”, per non dire che a volte anche gli errori possono avere una parte di verità.