Un intervento al seno, specie se mutilante, mette in discussione il proprio modo di vedersi. Ne parliamo, sia pure genericamente, nella convinzione che, anche dopo un intervento, essere se stessi con tutti i pregi e i difetti è il modo migliore per essere veramente belli, senza compromessi.
Definire la bellezza è molto difficile. Qualunque tentativo di definirla è destinato a fallire in partenza e anch’io ne parlerò solo a grandi linee.
Durer, un grande artista che cerca di definire i canoni della bellezza, conclude affermando lapidariamente: che cosa sia la bellezza non lo so. Il filosofo Vladimir Jankélévitch afferma che la bellezza è quel non so che. Anche questa affermazione ci fa intendere che la cosa c’è, ma non si sa che cosa sia. La bellezza sembra dunque sfuggire ad ogni definizione e forse è proprio questo il bello della bellezza.
Proprio perché sfugge a ogni definizione, la bellezza è parente stretta dell’infinito e dell’indefinito. Se pensiamo intensamente alla bellezza proviamo la cosiddetta vertigine dell’interpretazione. Per questo Paul Valéry sostiene che il bello è ciò che fa disperare. un’affermazione solo apparentemente sconcertante.
Ma voltiamo pagina con una breve nota di filosofia. La Bellezza e la Bontà rappresentano i due ideali da cui deriva l’etica sociale. Dalla Bontà derivano tutti i valori della sfera emozionale, alla Bellezza compete il governo delle forme del pensiero.
Mentre il concetto di Bontà è concreto e rimane abbastanza costante nel tempo, il concetto di Bellezza è ideale e poiché proviene da una forma di pensiero, il pensiero può essere continuamente affermato e al tempo stesso rinnegato. Bisognerebbe che la bellezza non fosse un ideale fondato sulla soggettività, bisognerebbe trovare un modo di renderla oggettiva come lo è un paesaggio, un fiore, ma non è possibile.
Confondere il bello con ciò che piace o con il gusto è come confondere il fantasticare con l’immaginazione. Il bello può essere fantasticato ma non può essere immaginato.
Confondere il bello con ciò che piace è quindi solo una semplificazione pratica, che ci va bene ma che non affronta il problema dal punto di vista sostanziale. Quindi la bellezza non può essere definita perché è un ideale, ossia una forma di pensiero. Possiamo tuttavia definire meglio alcuni aspetti, diciamo, trasversali provando a immaginare la bellezza all’interno di diversi contesti.
Contesto temporale. Una semplice osservazione è che la bellezza è tale soprattutto in un certo contesto. Un bambino è bello in quel momento e un uomo anziano è bello in un altro momento. Un elemento oggettivo, come ad esempio uno spettacolo, è più o meno bello in base al momento in cui lo valutiamo.
La bellezza è una cosa che capita (ma che può anche non capitare mai) e, come la felicità, indica brevi momenti. Una cosa è bella al pomeriggio, e cinque minuti dopo è insignificante. Qualunque cosa sia, la bellezza soggiace al tempo, all’occasione.
Contesto sociale. Sappiamo che la bellezza non è solo un fattore estetico e che la vera bellezza viene dal di dentro e che a poco servono i ritocchi esteriori. Ma per la società è anche vero il contrario. Il proverbio dice una scimmia, anche se vestita di seta, è pur sempre una scimmia, tuttavia perché sempre più persone, sia donne che uomini, ricorrono alla cosmesi, alla chirurgia estetica ed ad altre tecniche per apparire più belli, più in forma e così via?.
In effetti il problema sta nell’immagine distorta che la società (quindi, in ultima analisi, noi stessi oppure, diciamo, la società dominante) ci offre della bellezza e dei canoni estetici a cui un essere umano si deve adattare per poter essere considerato accettabile.
Non è vero che per essere belli bisogna necessariamente essere conformi alle richieste del mercato della bellezza, anche se è comprensibile che bisogna adattarsi ad un mercato di cui tutti noi facciamo parte.
Contesto personale. Vi è poi il contesto legato allo stato d’animo. Esistono due diversi stati d’animo, uno superficiale ed uno interiore. Con quello superficiale giudichiamo ciò è bello al di fuori di noi, come un paesaggio o un fiore. Con lo stato d’animo interiore giudichiamo ciò che è bello per noi (in quel momento) ma è un qualcosa che possiamo confessare solo a noi stessi.
E’ una sensazione intima che non si può tradurre in una formulazione linguistica se non smarrendo in gran parte l’intensità di quello che proviamo. Cercare di definire una grande bellezza (o una grande felicità, o un grande amore) è sminuirla. Esiste anche una vertigine dell’interpretazione.
Fatte queste premesse (per me audaci perché sconfinano nella filosofia e nella sociologia), ciò di cui vi parlerò nella II parte è la possibilità di recuperare una propria immagine di bellezza (in inglese back to beauty) anche dopo un intervento al seno. Non sarà facile essere convincenti, ma i dibattiti che apriamo sono comunque una occasione di approfondimento personale.